Cornice teorica
Educazione strutturata
L’educazione strutturata rappresenta la cornice teorica e pratica dentro cui inserire tutti gli obiettivi e le strategie educative per la crescita personale della persona autistica.
La programmazione di un intervento psicoeducativo per persone autistiche si basa in gran parte sulla capacità di organizzare visivamente ambienti, materiali di lavoro e la comunicazione.
La buona riuscita di un intervento di questo tipo si basa molto su questo lavoro preventivo e organizzativo.
L’abbinamento delle strategie di educazione strutturata con le strategie di intervento comportamentali, sviluppate con un pensiero attento al benessere delle persone a cui sono destinate, ma anche a quello di chi le mette in atto a loro favore, possono garantire un intervento che tiene conto dello stile di funzionamento autistico sia nei suoi punti di forza che ne suoi punti di debolezza.
L’educazione strutturata è una strategia educativa sviluppata a partire dagli anni ‘60 da Eric Schopler e Gary Mesibov che per primi si sono occupati di autismo puntando a sviluppare una filosofia di pensiero complessiva, piuttosto che un approccio mirato a sviluppare un metodo per insegnare dei compiti.
L’educazione strutturata è uno dei principi cardine della filosofia della Divison TEACCH del North Carolina (Schopler, Mesibov 2003), si basa sull’idea che si possano prevenire e, almeno in parte, superare le problematiche di comunicazione utilizzando un approccio visivo e ben strutturato che è maggiormente egosintonico con lo stile di funzionamento delle persone autistiche.
Si possono strutturare lo spazio, i materiali di gioco e di lavoro, il tempo e la comunicazione.
Esistono due tipi di supporti visivi:
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SUPPORTI VISIVI MIRATI A SOSTENERE L’AUTONOMIA: in quest’area mettiamo tutto ciò che riguarda l’organizzazione dello spazio, del materiale di gioco e di lavoro, l’agenda e altre forme di organizzazione del tempo. Lo scopo di questi supporti è principalmente favorire lo sviluppo dell’autonomia cioè della possibilità di fare da soli.
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SUPPORTI VISIVI MIRATI A SOSTENERE LO SCAMBIO COMUNICATIVO: attraverso supporti visivi quali foto, disegni e parole scritte si può sostenere in modo significativo lo scambio comunicativo. Questi supporti devono essere scelti in base al livello di comprensione simbolica della persona. Si tratta infatti di comunicare attraverso simboli che supportano la comprensione della parola esplicitata attraverso il linguaggio verbale. La scelta dei simboli dovrebbe essere calibrata sulla capacità della singola persona di dare un senso e un significato al simbolo che si è scelto per aiutarla a comunicare. Attraverso questi supporti possiamo sostenere diverse funzioni della comunicazione.
L’ABA (Analisi del Comportamento Applicata) è una disciplina scientifica che è stata definita da Baer, Wolf e Risley (1968) come: “Applicazione dei principi del comportamento per incrementare specifici comportamenti e contemporaneamente valutare i cambiamenti attribuibili a tale processo.
L’ABA enfatizza la valutazione continua del trattamento comportamentale attraverso una sistematica raccolta dei dati, affinché i risultati non siano inficiati da variabili estranee al trattamento”.
L'ABA non è nato per l’autismo (Paolo Moderato e Giovambattista Presti2019) e non si esaurisce nell’autismo. Applicazioni di strategie comportamentali sono studiate sia in ambito educativo sia in ambito psicopatologico, sia in contesti lavorativi.
Negli anni ’90 l’ABA si è diffuso come strategia di intervento per l’autismo in contrasto con un approccio psicodinamico che non solo escludeva i genitori dalle terapie ma li vedevano causa dell’autismo del bambino.
Parallelamente di fatto l’approccio psicoanalitico puntava non tanto su un piano educativo quanto piuttosto verso una ristrutturazione del sé del bambino e quindi a un percorso di guarigione.
Il grande passaggio che si è sviluppato fra gli anni ’90 e gli anni 2000 è proprio stato quello uscire da un paradigma di questo tipo entrando nell’idea che fosse possibile educare le persone autistiche insegnando loro abilità da spendere nella vita quotidiana.
L’approccio comportamentale che era nato prevalentemente per educare bambini disabili intellettivi è diventato così lo strumento ideale per coniugare le esigenze educative a un approccio più obiettivo che consentisse di monitorare gli interventi controllando gli apprendimenti.
Il punto di forza delle strategie comportamentali sono:
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La possibilità di programmare interventi educativi monitorabili
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Lo studio dei motivatori (o rinforzatori) distaccandosi dal giudizio sociale o morale